PlayNook Spotlight | Valerio Acampora, Autore

Valerio Acampora è uno degli autori di PlayNook. 41 anni, originario di Torre del Greco ma cresciuto in provincia di Livorno (dove attualmente vive), dopo la laurea in quel di Pisa si è specializzato in sceneggiatura al Centro Sperimentale di Cinematografia di  Roma. Al termine di varie peregrinazioni tra il Canada, Roma e Torino, partecipando alla scrittura di sceneggiature e a progetti creativi di ogni tipo, Valerio ha scoperto l’altra sua grande vocazione, quella dell’insegnamento. Oggi fa il maestro, ma dato che la passione per la sceneggiatura, la scrittura e le grandi storie non lo ha mai abbandonato, ha deciso di tornare al suo primo amore unendosi alla banda di PlayNook, e in particolare alla squadra di autori guidata da Roan Johnson. Ecco che cosa ci ha raccontato in una conversazione a 360° come lui.

Prima di tutto, Valerio, ti piace il concetto di AudioGame?

Molto. Rispetto al librogame o al videogioco è più facile da giocare, anche dal punto di vista pratico, ma è altrettanto gratificante, se non di più. Vedi, io la mattina vado a piedi a scuola, il tragitto dura una ventina di minuti, e la possibilità di giocare a un AudioGame anziché ascoltare il solito podcast è fantastica, perché un AudioGame non consuma le energie mentali ma intrattiene, e casomai stimola, fa iniziare bene la giornata, come un buon caffè. 

Tu vieni dal mondo della sceneggiatura, che funziona in modo un po’ diverso da – ad esempio – il mondo dell’editoria.

Certo, ci sono delle differenze. Mi è sempre piaciuto scrivere sceneggiature anche perché, a differenza dello scrittore che lavora spesso in solitudine, quando scrivi per il cinema non sei mai solo. A parte le lotte con il regista [ride] devi confrontarti con gli altri sceneggiatori, con i colleghi, e questo mi piace molto. Io adoro il brainstorming, adoro ascoltare le idee degli altri e proporre poi le mie. Insieme si va senz’altro più lontano.

Tu sin da ragazzo sei sempre stato un “lettore forte”, come si dice in gergo. Quali sono gli autori che ti hanno influenzato di più?

Da bambino ho divorato, prima di tutto, Emilio Salgari e Jules Verne: grandi avventure, grandissimi personaggi come Sandokan, letture indimenticabili. E poi ho continuato da adolescente con Tolkien, che mi ha davvero segnato, non solo sul piano letterario ma proprio a livello di quotidianità, dato che è grazie a lui se poi mi sono avvicinato al mondo di Dungeons & Dragons, mondo che mi ha catturato e non mi ha mollato più! Tu pensa che gli amici del gruppo di D&D che avevo da piccino sono ancora quelli. [ride] Il fantasy, del resto, ha la capacità di unire le persone in modo davvero straordinario, per sempre. 

Ma nella mia vita non c’è e non c’è stato solo il fantasy. Per esempio sono un grandissimo patito della fantascienza, tra i miei libri preferiti c’è lo splendido Fiori per Algernon, che mi ha segnato in modo profondo. Crescendo ho poi amato Murakami ed Edith Wharton, e in particolare i suoi due capolavori L’età dell’innocenza e Ethan Frome, veramente i miei libri del cuore. Poi i grandi romanzi francesi: I miserabili, I misteri di Parigi, Il Conte di Montecristo, I tre moschettieri e così via. Per inciso, in questi mesi sta lavorando a un AudioGame proprio su Il Conte di Montecristo la collega Celeste… Infine voglio aggiungere che nutro una fortissima passione per il giallo classico. Ho divorato i libri di Arthur Conan Doyle, padre di Sherlock Holmes, e ho letto tutto di John Dickson Carr, considerato il re degli “enigmi della camera chiusa”: questo tipo di gialli è una sfida che l’autore lancia al lettore, e io li adoro davvero, forse perché sono anche un grande appassionato di rebus.  

Ma ami anche i thriller?

Preferisco i gialli classici. Credo di averli letti quasi tutti, in fondo si tratta di libri scritti tra i primi del ‘900 e la metà degli anni ’50, quindi ce n’è un numero limitato. Purtroppo.

Oggi cosa leggi?

Senz’altro la saggistica: storia, politica, ambiente e così via. E poi adoro i Wu Ming. Continuo poi a essere attratto dalla fantascienza, in particolare quella sociale.

E invece, a livello cinematografico? Chi ti ha spinto sulla strada dalle sceneggiatura?

Lo spartiacque è stato Sergio Leone. È con lui che ho scoperto la passione per il cinema. Vidi Per un pugno di dollari con mio nonno, ricordo in modo molto vivido quel film, e anche la colonna sonora di Ennio Morricone, bellissima. E poi Stanley Kubrick, un genio. Ma il regista e sceneggiatore con cui ho sentito più affinità negli anni della formazione cinematografica, quindi quando avevo tra i 18 e i 23 anni, è stato François Truffaut. 

Come sei approdato a PlayNook? 

A un certo punto, la scorsa estate, anche per ragioni personali, decido di rimettermi a scrivere. E allora contatto Roan Johnson, che conosco dai tempi dell’università, e gli chiedo se ha qualche lavoro in cui coinvolgermi, qualche script da farmi leggere ecc. Passano cinque mesi, niente, silenzio, Roan non si fa vivo. Io sto per richiamarlo quando un bel giorno mi telefona e mi dice che sta per partire questo progetto, PlayNook, e mi chiede se voglio dare una mano. Devo dire che il progetto sin dall’inizio mi è parso profondamente innovativo e visionario, e ho accettato con entusiasmo l’opportunità. In questi mesi mi sono occupato dei capitoli 3 e 4 di Marco Polo, e ora della grande storia fantasy in avvio.

La rivoluzione PlayNook ti convince quindi.

Assolutamente. Anche perché, da giocatore di ruolo, ho subito colto le parentele tra i librogame e gli AudioGame. L’idea alla base di PlayNook è ottima, perché consente a tutti di giocare con una sorta di videogioco, ma senza la necessità di una console, di una macchina super-performante, basta solo uno smartphone. E poi io adoro la dimensione podcast, sono un grande amante di questo tipo di fruizione, mi piace l’oralità. PlayNook riscopre l’immenso potenziale immersivo del suono, della voce.

Una curiosità: tu giocavi ai librogame da ragazzino? 

Sì, assolutamente, ho giocato a tantissimi librogame da bambino. Alcuni erano a tema fantascientifico, veramente immersivi, ma ho giocato anche a Lupo Solitario, Oberon e così via. Senza dimenticare i librogame gialli, ad esempio quelli con protagonista Sherlock Holmes. Peraltro credo – e qui parlo da maestro – che i librogame abbiano un enorme potenziale didattico ed educativo.

Perché?

Vedi, da tempo i bambini hanno difficoltà a leggere molto. Dopo poco iniziano a stancarsi. Tuttavia la lettura di un librogame, che è costituito da paragrafi di mezza pagina, una paginetta al massimo, li può invogliare alla letteratura perché c’è un colpo di scena a ogni piè sospinto, non bisogna arrivare alla fine del capitolo per incappare nel cliffhanger. E poi nei librogame c’è l’elemento dell’interattività, attraverso l’uso dei dadi, delle schede dei personaggi ecc. Questo elemento lo avvicina al videogioco, di cui i bambini sono ghiottissimi, però li spinge a leggere. Con una ulteriore differenza: il librogame richiede una capacità di concentrazione e attenzione diversa rispetto al videogioco, maggiore senza dubbio, e se il bambino non legge il gioco non va avanti!

Le possibilità sono molteplici. Immagina un librogame ambientato ad esempio al tempo di Carlo Magno, per far scoprire al bambino il Medioevo, ma non studiando il grande imperatore sul manuale, bensì attraverso una storia a bivi. In PlayNook ne abbiamo parlato di recente, si potrebbe pensare a degli AudioGame di questo tipo per entrare nel mercato della formazione. 

Tu Valerio hai lavorato ai capitoli 3 e 4 di Marco Polo: adventures, il primo AudioGame di PlayNook. Com’è stato lavorare a questo AudioGame?

Molto bello. Ovviamente non è stato facile, alla base c’è stato un grosso lavoro preparatorio, mi sono messo a studiare, perché quei due capitoli sono ambientati in una barca veneziana del Duecento, e non è che ci sia una bibliografia sconfinata su questo tema… Comunque è stato divertente scoprire cosa mangiavano allora, come funzionava il sistema dei rematori, il tipo di vele che si usavano, chi era al comando ecc. Poi la vera sfida è stato rendere il tutto coinvolgente e divertente, perché comunque c’è una linea narrativa da portare avanti. Il Milione, come sai, è un testo enciclopedico ma contiene ben poca azione. Peraltro nel testo il viaggio in mare da Venezia alla Terra Santa non c’è, Marco Polo si limita a dire che parte da “Vinegia” e arriva ad Acri… Questo ovviamente comporta che l’autore, cioè il sottoscritto, si debba inventare cosa succede nel corso della navigazione: un ammutinamento, un naufragio, l’arrivo dei pirati e così via. Tutto questo non c’è ne Il Milione, è lavoro di fantasia, anche se alla fine Marco Polo ci deve arrivare in Terra Santa, non è che può arrivare a Marsiglia o a Bruges, deve arrivare ad Acri e poi da lì in Cina.

Non è facile!

Per nulla. Scrivere a bivi è molto complesso, i racconti si moltiplicano, i tempi si prolungano.

Per PlayNook stai ora lavorando a un fantasy.

Esatto. Si tratta di una storia di formazione, un Bildungsroman, ambientato – nei suoi primi capitoli – in un grande deserto. Al centro di tutto c’è una piccola tribù che vive nel sottosuolo perché la vita i superficie è impossibile. Io e Roan stiamo lavorando, proprio in questi giorni, al primo capitolo. Non posso svelare altro, salvo che sarà davvero una grande avventura!

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