PlayNook Spotlight | Stefano De Vivo, COO e Direttore Audio
Stefano De Vivo, barese di nascita ma milanese di adozione, è COO e direttore audio di PlayNook. Ventotto anni, ha già un bel po’ di esperienze artistiche e creative alle spalle: di formazione chitarrista jazz, ha girato l’Italia in tournée, poi si è occupato di produzioni discografiche, teatrali e per media audio/video, per approdare infine a PlayNook. In questa conversazione ci spiega perché gli AudioGame sono una vera rivoluzione, e ci racconta un po’ meglio la sua storia.
Stefano, l’Italia è sempre stata una terra di narratori, da Dante e Boccaccio in poi.
Certo. Abbiamo un patrimonio narrativo straordinario. Lo stesso Marco Polo, protagonista del nostro primo AudioGame, non era solo un grande mercante e un infaticabile viaggiatore, ma un eccezionale narratore, che in una prigione genovese dettò la sua straordinaria “istoria”: il Milione.
PlayNook vuole dare nuova linfa a questa tradizione italiana, grazie a una narrazione interattiva e immersiva che fa leva sulla versatilità e sulla potenza del suono, della voce, della musica: gli AudioGame, appunto. Alla base di tutto c’è la passione per le belle storie. Quali sono le storie che hanno illuminato la tua infanzia, Stefano?
Tante. Sono un amante delle grandi storie, e come me lo sono i colleghi in PlayNook: siamo tutti, in realtà, appassionati di romanzi, di cinema e di gaming. Io per esempio amo moltissimo la fantascienza e il fantasy, in particolare l’opera di Tolkien. Sono poi un fan del mondo di Guerre Stellari, nella buona e nella cattiva sorte, per così dire. [ride] Ancora, amo molto gli anime e i videogiochi, in particolare gli action RPG.
L’altra tua grande passione è la musica.
Esatto. Sin da piccolo. Mi sono avvicinato alla musica un po’ per gioco e un po’ per caso: rubai un disco dei Red Hot Chili Peppers a mia madre, e ascoltandolo decisi che avrei imparato a suonare la chitarra. Una decisione che ha cambiato la mia vita. Infatti mi sono laureato in conservatorio, a Bari: triennale e specialistica in chitarra jazz. Mentre studiavo ho anche intrapreso un percorso di produzione musicale, a tutto tondo (dischi e film), lavorato come direttore artistico, e sono riuscito a inserirmi nel mondo della pubblicità, che è un mondo complesso ma affascinante. Alla fine sono approdato agli AudioGame, e a PlayNook.
La musica dà e chiede tanto.
Sì, è vero. Quella del conservatorio per esempio è un’esperienza che mette davvero alla prova, in senso positivo ma anche negativo. Per usare un anglismo, è sfidante. Bisogna essere animati da una passione infinita per riuscire ad arrivare sino in fondo. In Italia lavorare nel mondo della musica (ma anche in quello del cinema, dell’arte, del teatro, dell’editoria ecc.) non è facile, anzi spesso è arduo: bisogna essere molto motivati, e allo stesso tempo essere capaci di evolvere, e persino di improvvisare.
Nel jazz è importante improvvisare. Quali sono i tuoi artisti jazz preferiti?
Amo i grandi classici: sono un enorme fan di Coltrane, per esempio, è un artista che mi ha cambiato. Mi piace moltissimo anche Rosenwinkel, e potrei citarti cento altri nomi. In generale ciò che adoro del jazz è proprio l’importanza di saper improvvisare, e di relazionarsi con gli altri musicisti che hai attorno mentre suoni. Grazie al jazz impari ad adattarti a situazioni a volte anche scomode, a tirare fuori sempre qualcosa di creativo ed espressivo per te stesso, per gli altri musicisti e soprattutto per il pubblico. Il jazz ti insegna a essere duttile, flessibile, versatile, ma anche ordinato e metodico (non solo il jazz; la musica in generale è una scuola di metodo, di organizzazione).
Dalla musica sei approdato al suono. Un percorso non scontato. Come mai?
Ho voluto, a un certo punto, approfondire il concetto di suono. La musica, la parola cosa sono? Suoni. Volevo capire fino a che punto potesse spingersi l’esperienza sonora per l’ascoltatore di un disco o un gamer di videogioco. Ancora, mi ha sempre incuriosito tantissimo il concetto di suono legato al gesto, la corrispondenza cioè tra gesto fisico e gesto sonoro. Per tutte queste ragioni mi sono tuffato nel mondo del suono, e da allora non sono più riemerso!
Com’è lavorare nel sonoro per il cinema o la pubblicità?
È bellissimo. Il risultato finale del tuo lavoro è percepibile da tutti. La composizione sonora, sia essa musica o sound design, ha un’utilità molto concreta, la sua funzione è esprimere al meglio il concetto che le immagini stanno cercando di comunicare. Diciamo che completa l’immagine, ma in un modo che è davvero essenziale.
Il suono e la colonna sonora sono spesso alcuni dei tratti più distintivi di un grande film, di un grande videogioco…
Certo. Sono stati anche effettuati degli studi in merito, associando a film colonne sonore e tipologie di sound design incongrue, ad esempio una colonna sonora da commedia a una pellicola dell’orrore. Ovviamente il risultato è pessimo, perché la musica, il suono hanno una funzione psicologica, emotiva cruciale.
Perché hai deciso di fare parte del team di PlayNook?
Ero alla ricerca di nuove esperienze, e di un nuovo modo di pensare l’intrattenimento. PlayNook è una vera rivoluzione, dato che vuole offrire al pubblico italiano e internazionale storie audio interattive di altissima qualità. Si tratta di un modo molto innovativo di raccontare, ridando linfa a quella tradizione narrativa che l’Italia ha, e che tu hai menzionato prima; ma soprattutto è una nuova modalità di fare gaming, di divertirsi.
Sai, io appartengo a una generazione abituata all’interattività. Ecco, PlayNook permette al giocatore di immergersi in vasti universi narrativi, costruiti attraverso la musica, la parola, il suono insomma. È una startup di gaming, ma che segue una strada diversa, molto diversa, da quella seguite da tante altre aziende del settore.
E poi c’è l’elemento umano. Il team di PlayNook è fantastico, sarebbe impossibile lavorare con persone più talentuose. Abbiamo grandi programmatori come Stefano Parmesan, una mente creativa del calibro di Roan Johnson (chi non ha visto “I delitti del BarLume”?), ottimi doppiatori. Ci sono Gabriele Antonelli, Michele Barbera e Luca Barsotti, che hanno esperienza imprenditoriale e visione da vendere. Insomma, è il dream team che ho sempre sognato. In PlayNook c’è la volontà di fare qualcosa di grande, e di profondamente nuovo; di rivoluzionario.
Che cos’è PlayNook, in due parole?
È una società di produzione e distribuzione di AudioGame. Creiamo, scriviamo e produciamo esperienze interattive audio per la piattaforma PlayNook, una app attraverso cui i giocatori possono immergersi in storie ricche di avventura, suspence e mistero prendendo decisioni, compiendo scelte, costruendo la loro storia. Facciamo tutto (o quasi) con il suono, che ha capacità immersive infinite, superiori a quelle dell’immagine.
Davvero?
Sì. Il suono, in questo senso, è più forte dell’immagine. In un videogame ti è sempre chiaro che hai di fronte qualcosa di fittizio; in un AudioGame quel senso di alterità rispetto alla storia che stai giocando è molto più tenue. La natura del suono è ambigua, per così dire. Immagina di essere al buio, e di sentire un rumore: è vero o è registrato? Per questo motivo dico che la capacità immersiva dell’audio è infinita. E ovviamente la nostra rivoluzione audio, in un mondo iconocentrico come quello in cui viviamo, è intrinsecamente dirompente.
Gli AudioGame sono, in qualche modo, un antidoto al consumismo frenetico della civiltà delle immagini?
Sì, perché insegnano a essere pazienti. A non voler tutto e subito. L’immagine, per così dire, spesso si svela immediatamente, basta uno sguardo. Il suono invece si estende nel tempo, e quindi richiede tempo per essere colto. Gli AudioGame offrono un’esperienza di intrattenimento con tempi un po’ più lunghi rispetto a quelli a cui siamo abituati. Va gustata con un pizzico di calma. Ma vale lo stesso per i grandi libri, no? Per apprezzare un bel romanzo serve tempo, non è un meme che ti fa ridere appena lo vedi. Occorre tempo per usufruire in modo corretto dell’esperienza offerta da un AudioGame, proprio come già accade oggi con gli audiolibri o con i podcast.
Tu sei una persona paziente?
Sì, abbastanza.
Chi ti ha insegnato la pazienza?
È stata la musica. Per apprezzare la musica, per suonare, occorre essere pazienti. Infinitamente pazienti.
Il primo AudioGame PlayNook è dedicato a Marco Polo, il grande viaggiatore veneziano. Perché iniziare proprio con lui?
Senz’altro i viaggi, le mille peripezie di Marco Polo attraverso i grandi spazi dell’Eurasia – da Venezia sino alla corte del Gran Khan a Khanbaliq, odierna Pechino – sono un terreno straordinariamente fertile per un AudioGame. Infatti il giocatore dovrà prendere tante decisioni, in un mondo vasto e sconosciuto; si troverà di fronte a dei bivi, sia in senso metaforico che letterale, e dovrà accumulare non solo gold (del resto un mercante è mosso pure dal profitto) ma anche karma, e più punti avrà più cresceranno le possibilità di forgiare il destino di Marco Polo, costruendo percorsi alternativi. Questo significa che il giocatore potrà decidere le tappe del viaggio del grande veneziano.
Marco Polo è un personaggio iconico.
Sì, è una figura molto affascinante. All’estero Marco Polo è amatissimo, in Cina è un eroe, nel nostro paese – negli ultimi decenni – lo abbiamo un po’ trascurato. Eppure il Milione è uno dei grandi testi della storia occidentale, tradotto in tutte le lingue del mondo.
Quando sarà disponibile su PlayNook Marco Polo?
Da questo mese. Sarà un’esperienza non soltanto molto immersiva, ma ricca di suspence. Terrà il giocatore con il fiato sospeso. Uscirà a capitoli, come i feuilleton dell’Ottocento, o come le stagioni dei serial di oggi.. Ogni capitolo avrà una sua autonomia, le sue avventure, e si collegherà al successivo… oppure no: dipenderà tutto dalle scelte del giocatore!
A chi lo consigli?
A tutti, a partire dai miei coetanei che per motivi di studio o lavoro viaggiano tanto, e magari cercano qualcosa di più coinvolgente di un podcast. Ma anche a chi, la sera, vuole divertirsi in modo diverso, magari a lume di candela: la penombra è perfetta per gli AudioGame.